La teoria della complessità computazionale spiegata semplice
24 Giugno 2025

La teoria della complessità computazionale è un ramo fondamentale dell’informatica che studia le risorse necessarie per risolvere i problemi computazionali. Queste risorse possono includere il tempo di esecuzione, la quantità di memoria utilizzata e altre forme di energia o potenza di calcolo. L’obiettivo principale è classificare i problemi in base alla loro difficoltà computazionale e determinare quali problemi possono essere risolti in modo efficiente.

Cenni storici

La teoria della complessità computazionale si è delineata negli anni Sessanta e Settanta, erigendosi a disciplina autonoma nell’ambito dell’informatica. Questo è dovuto all’impegno di studiosi quali Jack Edmonds, Stephen Cook e Leonid Levin. Un punto di svolta, di rilevanza capitale, è stato la formalizzazione della classe di problemi NP-completi da parte di Cook nel 1971. Questo evento ha dato l’avvio a intense ricerche sulla difficoltà del calcolo e sulle connessioni tra diverse categorie di problemi.

Concetti chiave

La teoria della complessità computazionale non si limita alla mera valutazione di un algoritmo, ma indaga ulteriormente, cercando di determinare se una specifica complessità sia realmente attribuibile alle idiosincrasie di un algoritmo particolare oppure a proprietà inerenti alla categoria di problemi che l’algoritmo stesso si propone di risolvere. Si parla quindi della complessità computazionale di un problema.

L’ambito della complessità computazionale, nel cuore dell’informatica teorica, mira ad analizzare e categorizzare la difficoltà intrinseca nell’affrontare e risolvere problemi tramite il calcolo. Di norma, esistono problemi di facile soluzione. Altri, al contrario, esigono ingenti risorse e considerevole tempo per ottenere una risposta, presentando diversi livelli di complessità, fino a raggiungere l’impossibilità di risoluzione.

Prima di immergerci nei dettagli, è importante chiarire alcuni concetti fondamentali. La complessità computazionale può essere misurata attraverso due metriche principali:

  • tempo di esecuzione (indica quanto tempo impiega un algoritmo a risolvere un problema. Viene spesso espresso in termini di “complessità temporale”, che descrive come il tempo di esecuzione cresce con l’aumentare della dimensione dell’input);
  • spazio di memoria (si riferisce alla quantità di memoria necessaria per eseguire un algoritmo. Anche questa è espressa in termini di “complessità spaziale”).

Classificazione dei problemi

Un importante progresso nella teoria della complessità è rappresentato dall’adozione di schemi classificatori. Questi raggruppano i problemi computazionali in base alla loro intrinseca difficoltà.

Questo sistema di categorizzazione permette agli studiosi di individuare e valutare la complessità computazionale di specifici problemi, persino nelle circostanze in cui una dimostrazione diretta della loro difficoltà non è fattibile.

I problemi computazionali possono essere classificati in diverse categorie, ognuna delle quali ha implicazioni significative per la loro risolvibilità:

  • Problemi facili (P). Questo insieme include tutti i problemi che possono essere risolti in tempo polinomiale da un algoritmo deterministico. In altre parole, esistono algoritmi che possono risolvere questi problemi relativamente rapidamente man mano che la dimensione degli input cresce;
  • Problemi difficili (NP). I problemi NP (Nondeterministic Polynomial time) sono quelli per i quali, se ci viene fornita una soluzione, possiamo verificarla in tempo polinomiale. Tuttavia, non è noto se esista un algoritmo efficiente per trovare una soluzione in modo diretto. Un esempio classico di problema NP è il problema del commesso viaggiatore;
  • Problemi NP-completi. Questa è una sottocategoria di problemi NP. Se un problema NP-completo può essere risolto in tempo polinomiale, allora ogni problema NP può essere risolto in tempo polinomiale. Questo rende i problemi NP-completi tra i più studiati nel campo della teoria della complessità;
  • Problemi NP-hard. Questi problemi sono almeno altrettanto difficili dei problemi NP-completi, ma non devono necessariamente appartenere alla classe NP. Non esiste un algoritmo noto che possa risolvere un problema NP-hard in tempo polinomiale.

Di fronte a un problema computazionale complesso, si possono intraprendere differenti strategie. La prima via si concentra sulla teoria computazionale: si indaga l’origine della difficoltà del problema e si interviene modificando quest’ultimo per facilitarne la soluzione. La seconda opzione si focalizza sulla ricerca di soluzioni sub-ottimali. Ci si accontenta di una soluzione valida (sub-ottimale) poiché la soluzione perfetta richiederebbe un eccessivo dispendio di memoria e tempo di calcolo. Infine, alcuni problemi risultano difficili solo in casi estremi, mentre in situazioni usuali sono facilmente risolvibili. In tal caso, si potrebbe accettare il rischio di un rallentamento occasionale dei calcoli.

Relazione tra P e NP

Uno dei quesiti più importanti e famosi nella teoria della complessità computazionale è la relazione tra le classi P e NP, comunemente espressa come la questione P vs NP. La domanda è: “È possibile risolvere ogni problema per cui una soluzione può essere verificata in tempo polinomiale anche in tempo polinomiale?” Se si dimostrasse che P = NP, molti problemi attualmente considerati difficili avrebbero soluzioni efficienti.

Ad oggi, la maggior parte degli esperti crede che P non sia uguale a NP, ma non esiste ancora una dimostrazione definitiva. La soluzione di questo problema avrebbe profondi impatti sulla matematica, sull’informatica e su molti altri campi.

Algoritmi e complessità

Per comprendere la complessità computazionale, è fondamentale avere una conoscenza di base sugli algoritmi. Gli algoritmi sono sequenze di istruzioni che dettano come risolvere un particolare problema. Ogni algoritmo ha una sua complessità temporale e spaziale, che determina la sua efficienza.

Gli algoritmi possono essere suddivisi in:

  • Algoritmi greedy (cercano sempre la soluzione ottimale in ogni passaggio, sperando di arrivare alla soluzione globale migliore);
  • algoritmi dinamici (risolvono problemi complessi scomponendoli in sottoproblemi più semplici, risolvendo ciascun sottoproblema solo una volta e memorizzandone i risultati);
  • algoritmi di ricerca (utilizzati per esplorare possibili configurazioni e trovare soluzioni ottimali, come la ricerca in profondità o in ampiezza).

Per valutare l’efficienza di un algoritmo in modo univoco, occorre definire una metrica svincolata dalle tecnologie impiegate, altrimenti lo stesso algoritmo potrebbe avere efficienza differente a seconda della tecnologia su cui è eseguito. Per questa ragione si usa fare riferimento a un modello di calcolo generico: la macchina di Turing. Qualunque modello di calcolo prescelto (ad esempio la macchina RAM, ma si può parlare anche di calcolatori reali), ai fini della classificazione dei problemi, si comporta come la macchina di Turing. La tesi di Church-Turing afferma, infatti, che la classe delle funzioni computabili coincide con quella delle funzioni calcolabili da una macchina di Turing.

Importanza della complessità computazionale

La teoria della complessità computazionale ha numerose applicazioni pratiche. È cruciale in ambiti quali la crittografia, dove la sicurezza dei sistemi informatici si basa sulla difficoltà di risolvere determinati problemi. Inoltre, influisce sul design di algoritmi e software più efficienti nel risolvere compiti pratici, dall’ottimizzazione della logistica all’analisi dei dati.

Conclusioni

In sintesi, la teoria della complessità computazionale è un campo essenziale dell’informatica che aiuta a comprendere la natura dei problemi e la possibilità di risolverli in modo efficiente. Attraverso la classificazione dei problemi e lo studio degli algoritmi, è possibile delineare un quadro chiaro delle sfide che affrontiamo nella risoluzione dei problemi computazionali. Le domande rimaste senza risposta, come quella tra P e NP, continuano a stimolare la ricerca in questo affascinante campo, promettendo nuove scoperte e innovazioni per il futuro. Conoscere e comprendere la complessità computazionale non solo arricchisce la nostra conoscenza teorica, ma ha anche un impatto tangibile su come utilizziamo la tecnologia nella vita quotidiana, rendendo questo tema di straordinaria rilevanza nel mondo moderno. In definitiva, la teoria della complessità computazionale rimane un settore di studio vitale e imprescindibile nell’informatica, fornendo elementi cruciali sui limiti del calcolo e indirizzando lo sviluppo di algoritmi efficienti. Con le sue problematiche ancora da risolvere e i suoi progressi costanti, promette di mantenere un ruolo centrale nella scena scientifica per molto tempo a venire.

Credits: BiancoBlue/DepositPhotos.com

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