Come funziona un hypervisor e quali tipi esistono
18 Luglio 2025

Un hypervisor (detto anche Virtual Machine Monitor) è un software che consente di eseguire più sistemi operativi indipendenti (VM guest) su un unico server fisico (l’host). L’hypervisor gestisce le risorse hardware — CPU, memoria, storage, I/O — distribuendole alle singole VM, che operano come se fossero ambienti dedicati, isolati e autonomi. In sostanza, l’hypervisor è il middleware che crea e controlla le macchine virtuali.

Hypervisor: tipi principali

Gli hypervisor tipo 1, noti anche come bare-metal, si eseguono direttamente sull’hardware, senza un sistema operativo sottostante. Questo garantisce performance elevate, maggiore sicurezza e un utilizzo efficiente delle risorse. Sono scelti soprattutto in ambienti enterprise, data center e cloud.

Hypervisor Tipo 1: i più noti

  • VMware ESXi (parte di VMware vSphere);
  • Microsoft Hyper‑V;
  • KVM (kernel Linux integrato);
  • Xen / Citrix Hypervisor;
  • Nutanix AHV.

Questi hypervisor offrono gestione centralizzata, live migration, failover automatico e orchestrazione virtuale avanzata.

Gli hypervisor tipo 2 (hosted) funzionano come applicazioni su un sistema operativo esistente, come Windows o Linux. Sono ideali per ambienti desktop o per uso personale, e permettono di avviare VM in modo rapido, seppure con performance inferiori rispetto ai Type 1.

 Hypervisor Tipo 2: i più noti

  • VirtualBox;
  • VMware Workstation / Player;
  • Parallels Desktop;
  • QEMU;
  • Microsoft Virtual PC.

 Questi sono utili per testare OS diversi, sviluppare applicazioni o sperimentare ambienti senza impatto sul sistema host.

Come funziona un hypervisor?

All’avvio, un Tipo 1 hypervisor si carica sul bare-metal, creando immediatamente un layer sopra l’hardware.

Il Tipo  2, invece, viene installato su un sistema operativo come un’applicazione normale.

L’hypervisor gestisce le richieste hardware delle VM, le istruzioni privileged, e garantisce isolamento. VM diverse non condividono memoria o I/O, evitando conflitti o fughe di processi.

Funzioni avanzate come live migration, bilanciamento di carico, snapshot e rollback veloci sono disponibili, specie con hypervisor VMware o Hyper‑V.

Perché usare un hypervisor: vantaggi chiave

Qui di seguito alcuni benefici peculiari.

Maggiore densità hardware e risparmio

Con un hypervisor è possibile consolidare decine di VM su un solo server fisico, riducendo costi di hardware, energia e raffreddamento.

Isolamento sicuro

Ogni VM è indipendente: se una si blocca o viene compromessa da malware, le altre rimangono inalterate. Questo isolamento è cruciale in ambienti multi-tenant o server virtualizzati.

Flessibilità operativa

Clone rapide di VM, snapshot, rollback, migrazioni instantanee: il provisioning è agile e affidabile. Perfetto per staging, dev/test, ambienti dinamici.

Scalabilità e alta disponibilità

Gli hypervisor tipo 1 supportano funzionalità come clustering, orchestrazione, failover automatico e distribuzione tra nodi. Ottimi per datacenter resilienti.

Svantaggi

L’hypervisor è uno strumento potente che ha rivoluzionato il modo in cui utilizziamo l’hardware, grazie alla capacità di eseguire più sistemi operativi su una singola macchina fisica. Tuttavia, come ogni tecnologia, presenta anche alcuni svantaggi e limiti da considerare attentamente, specialmente in fase di progettazione di infrastrutture IT.

Overhead delle risorse hardware

Uno dei principali svantaggi dell’utilizzo di un hypervisor è l’overhead delle risorse. Anche se le moderne soluzioni sono molto efficienti, una parte della CPU, della memoria e dello storage viene comunque utilizzata per gestire il layer di virtualizzazione. Questo significa che le prestazioni delle macchine virtuali non saranno mai identiche a quelle di un sistema operativo installato direttamente sull’hardware. In ambienti ad alta intensità di calcolo (come l’elaborazione grafica o il machine learning), questo può diventare un collo di bottiglia.

Complessità gestionale

Gestire un’infrastruttura basata su hypervisor richiede competenze tecniche specifiche. La creazione di VM, la configurazione della rete virtuale, il bilanciamento delle risorse e il monitoraggio dei carichi sono attività che necessitano di personale IT formato. Inoltre, con l’aumentare del numero di VM, cresce anche la complessità dell’intero sistema, che può diventare difficile da controllare senza strumenti di automazione e orchestrazione.

Rischi di sicurezza aggiuntivi

L’utilizzo di hypervisor introduce un ulteriore livello di vulnerabilità. Un bug nell’hypervisor stesso, per esempio, può compromettere l’isolamento tra le macchine virtuali, permettendo potenzialmente a un attacco su una VM di propagarsi alle altre. Sebbene i principali fornitori (come VMware, Microsoft o KVM) abbiano livelli di sicurezza elevati, il rischio non è nullo. È fondamentale mantenere aggiornati sia l’hypervisor che le VM per ridurre la superficie d’attacco.

Dipendenza dal software del vendor

Molti hypervisor (in particolare quelli Type 1 enterprise, come VMware ESXi o Citrix Hypervisor) sono proprietari, richiedono licenze a pagamento e dipendono da ecosistemi chiusi. Questo può generare un vincolo tecnologico, rendendo difficile la migrazione verso soluzioni open source o la gestione di ambienti ibridi senza costi aggiuntivi.

Performance variabili in base alla configurazione

Le prestazioni di un hypervisor dipendono fortemente dalla configurazione iniziale e dal bilanciamento delle risorse tra le VM. Se una VM consuma più CPU o memoria del previsto, può penalizzare le altre, soprattutto in ambienti senza policy di limitazione. Una cattiva configurazione può compromettere l’intero sistema, causando colli di bottiglia o rallentamenti critici.

Casi d’uso e scenari d’adozione di un hypervisor

L’hypervisor è una tecnologia chiave nel mondo IT moderno, impiegata in una vasta gamma di contesti, dai data center aziendali ai laptop degli sviluppatori. La sua versatilità consente di adattarlo a molteplici esigenze operative, migliorando efficienza, sicurezza e flessibilità.

Data center e cloud computing

Uno degli scenari più comuni è l’adozione di hypervisor bare metal (Tipo 1) nei data center, dove la priorità è ottenere prestazioni elevate e massima affidabilità. Soluzioni come VMware ESXi, Microsoft Hyper‑V e KVM permettono di eseguire centinaia di macchine virtuali su pochi server fisici, riducendo i costi hardware, migliorando l’isolamento dei carichi di lavoro e facilitando la gestione centralizzata tramite piattaforme di orchestrazione.

Virtualizzazione desktop (VDI)

Le aziende che adottano modelli di lavoro da remoto o ibrido usano hypervisor per creare desktop virtuali, accessibili ovunque in sicurezza. Ogni utente può accedere alla propria VM senza dipendere da un PC fisico, riducendo i rischi legati alla perdita di dispositivi e migliorando il controllo IT.

Sviluppo e test

Gli hypervisor Tipo 2, come VirtualBox o VMware Workstation, sono ideali in ambienti di sviluppo. Gli sviluppatori possono testare applicazioni su diversi sistemi operativi, creare snapshot, simulare reti virtuali o ripristinare rapidamente ambienti, senza intaccare la macchina fisica.

Ambienti edge e IoT

In scenari edge (come industrie, trasporti o dispositivi IoT), l’hypervisor consente di **isolare applicazioni critiche** anche su hardware con risorse limitate. Questa architettura migliora la resilienza e semplifica la manutenzione, soprattutto in luoghi remoti.

Il futuro: container vs hypervisor

Il futuro dell’infrastruttura IT si gioca sempre più sul confronto e sull’integrazione tra container e hypervisor. Entrambe le tecnologie offrono vantaggi distinti, ma stanno evolvendo verso una coesistenza sinergica, piuttosto che una competizione diretta.

Gli hypervisor sono ideali per eseguire sistemi operativi completi in ambienti isolati. Offrono un livello di sicurezza, isolamento e compatibilità che li rende perfetti per workload complessi o legacy, come ERP aziendali o sistemi operativi specifici. Tuttavia, hanno un certo overhead, dato che ogni VM richiede risorse dedicate e un sistema operativo completo.

I container, invece, sono più leggeri e rapidi da avviare, poiché condividono il kernel dell’host. Sono perfetti per microservizi, CI/CD, applicazioni cloud-native e ambienti dinamici. Tuttavia, garantiscono un isolamento meno rigoroso rispetto alle VM e possono essere meno adatti per workload sensibili o che richiedono ambienti altamente personalizzati.

Il trend attuale è l’ibridazione: molte piattaforme (come Kubernetes o OpenShift) integrano sia container sia macchine virtuali. Questo approccio consente di sfruttare il meglio dei due mondi: la leggerezza dei container per le nuove applicazioni e la robustezza degli hypervisor per i sistemi legacy. In definitiva, il futuro non sarà container o hypervisor, ma sempre più spesso container e hypervisor.

Conclusioni

Sebbene gli hypervisor offrano vantaggi evidenti in termini di efficienza, scalabilità e isolamento, è importante conoscere anche i loro svantaggi. Solo valutando attentamente pro e contro si può progettare un’infrastruttura virtualizzata stabile e performante. Virtualizzare è una scelta strategica: ma come ogni strategia, va pianificata con consapevolezza. Tuttavia, in linea di massima, l’hypervisor è ormai considerato uno strumento strategico in ogni settore dove la virtualizzazione può portare vantaggi in termini di prestazioni, sicurezza e controllo.

Credits:everythingposs / Depositphotos.com

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